MARGHERITA E LA SUA ESTATE ALL’ESTERO- lavorare e immergersi nel territorio

Margherita ha passato un’estate particolare. Su un aereo nei primi giorni di luglio è partita per l’inghilterra con il suo fidanzato. Ma attenzione, non si tratta della classica vacanza, magari a Londra, che subito ci potrebbe passare alla mente. Anzi, la parola vacanza non ha niente a che vedere con ciò che Margherita ha vissuto! Così ha deciso di raccontare la sua esperienza. Io l’ho assillata di domande ma insieme abbiamo creato non un’intervista ma uno scambio di pareri, visioni, opinioni su ciò che significa VIAGGIARE e i modi più creativi per rendere il viaggio un’occasione unica!

 

La tua non è certo l’esperienza di chi lascia il Paese alla ricerca di un futuro migliore all’estero. Ma allora perchè partire, per pochi mesi, per lavorare all’estero?

Io credo che si parta per qualsiasi viaggio con degli obiettivi ben chiari e che comunque lo scopo primario sia tornarne cambiati, in qualche modo cresciuti. Perché partire secondo me significa evoluzione e modellamento ad una realtà diversa da quella alla quale sei abituato, significa buttarsi e mettersi continuamente in discussione. Il mio viaggio in Inghilterra è partito dalla voglia di fare esperienze, di qualsiasi tipo, a partire dalla scoperta di posti nuovi, di paesaggi caratteristici, di odori e persone nuove per finire con la voglia di migliorare il mio inglese zoppicante. Sentivo il bisogno di conoscere e di osservare il mondo che sta al di fuori delle mura di casa mia, di vedere se è così bello come tanti mi dicevano e di capire un po’ come gli ingranaggi realmente girano. Penso che sia la voglia di mettersi alla prova che mi abbia spinta ad andare e, ve lo dico, ne sono tornata cresciuta.

Inevitabile tornare cresciuti o comunque diversi. Ma come ti sei messa alla prova e soprattutto CHI o COSA ti ha messo alla prova durante il tuo viaggio? Perché, certo, viaggiare è stupendo ma c’è sempre qualcosa che, diciamocelo, non è esattamente ciò a cui siamo abituati!

Devo dire che siamo stati fortunati ad aver trovato una famiglia giovane e con una mentalità tutto sommato aperta che ci ha fatto sentire subito parte della famiglia. Ma certamente non è stato tutto rosa e fiori, a partire dal cibo; gli inglesi, si sa, non sanno cucinare (e mangiano poco) perciò da quel punto di vista mi sono dovuta accontentare, facendo un grande fatica e sfamandomi con patatine e biscotti super grassi. Un altro grande adattamento è stato quello di parlare un inglese comprensibile e non commettere troppi errori altrimenti non ci capivano; è stata una bella prova soprattutto nella comprensione dei vari lavori manuali che dovevamo fare. In più il clima, molto diverso da quello italiano, ha rivoluzionato il mio modo di comportarmi quando piove (cioè tutti i giorni, in Inghilterra). Altra nota dolente sono stati gli spostamenti che abbiamo fatto da un posto all’altro in treno, infatti abbiamo capito che non bisogna affidarsi a siti web per acquistare i biglietti perché potresti presentarti alla stazione e scoprire che i biglietti che avevi ordinato dal sito in realtà non sono validi per quel giorno e devi pagare un occhio della testa per rimediare.

I soliti inconvenienti del mestiere viaggiare! Ma in tutto questo c’è un lato positivo, ciò di cui parlavamo prima: Imparare e crescere. Ciò che mi incuriosisce è soprattutto il lavoro che hai fatto! Come l’hai trovato e soprattutto, ti va di raccontarcelo?

L’idea di passare un periodo fuori ci è venuta a settembre dello scorso anno e, chiedendo un po’ in giro, in più di uno ci hanno consigliato il sito workaway. Si tratta di una grande community di persone da tutto il mondo che offrono vitto e alloggio, in cambio di 5 ore al giorno di lavoro, a chiunque voglia aiutarli in specifici campi di impiego, dal babysitting al giardinaggio, dal dogsitting all’aiuto con i clienti del proprio Bed&Breakfast. Da come ho capito lo scopo di questa grande comunità è lo scambio culturale e l’opportunità di migliorare la lingua. Nel sito i visitatori, chiamati Workawayers, contattano direttamente i padroni di casa, chiamati Hosts, e si mettono d’accordo sul periodo, sul numero di ore e su tutto il resto. Io e il mio fidanzato ci siamo iscritti molto presto, a ottobre dell’anno scorso, e abbiamo incominciato a mandare numerosi messaggi fino a che, qualche settimana prima del periodo che avevamo deciso, ci hanno presi, con molto stupore da parte nostra, per un periodo di tre settimane. Abbiamo colto l’occasione al volo e siamo partiti in direzione Yorkshire. Lì abbiamo lavorato una media di cinque ore al giorno, cinque giorni alla settimana con il weekend libero per visitare posti nuovi. Durante le ore di lavoro ci hanno fatto sistemare tutto il giardino (immenso!) intorno a casa, ripulire le finestre esterne dalle ragnatele, spazzare e riordinare alcuni sgabuzzini e congelatori. In più abbiamo fatto un lavoro di filtratura, imbottigliamento, etichettatura e inscatolamento delle bottiglie di vodka che producono in casa. Insomma, abbiamo fatto tanti piccoli grandi lavori manuali che ci hanno dato la possibilità di imparare tante cose nuove, riguardo la gestione di un proprio business come può essere quello della vodka… La parte più dura è stata sicuramente quella di giardinaggio perché richiedeva una forza notevole ma oltre la fatica mi sono divertita un sacco, soprattutto sotto la pioggia ed immersa completamente nel fango!

un’esperienza davvero particolare, soprattutto la parte che riguarda la produzione della wodka! Sembra quasi la trama di un film. Ma ora una domanda che mi preme molto, anche perchè per quanto riguarda la mia esperienza personale ogni fase è vissuta con grande vitalità. Lasciare casa non è mai semplice ma poi tutto passa quando gli occhi ti si riempiono di posti nuovi. Per te come è stato e cosa ha significato il ritorno? Come l’hai vissuto?

Essendo partita insieme ad un’altra persona ed avendo viaggiato per meno di un mese devo dire che il salto casa – paese straniero non l’ho sentito particolarmente. Non vedevo l’ora di andare, scoprire e fare; e così è stato, zaino in spalla (carico di cibo, ovviamente), nuvole basse sopra la testa, scarpe comode, comincia l’avventura! I giorni prima della partenza, non essendo io abituata a viaggiare, sono stati alquanto agitati ma una volta saliti in aereo l’ansia è svanita come per magia. Molto più duro invece è stato il ritorno, perché avrei voluto rimanere ancora qualche settimana tanto stavo bene in quei posti, immersa com’ero in quell’aria multinazionale. Sono tornata con la consapevolezza di aver fatto un’esperienza di vita che mi ricorderò sempre.

Consigli per chi vuole intraprendere un’esperienza come la tua?

Il consiglio più grande è quello di metterti in gioco, di buttarti in tutto e per tutto e di non dire mai di no oltre a non prenderti troppo sul serio e, soprattutto, quello di divertirti anche se devi lavorare sotto la pioggia e sai che ti sporcherai o chissà cos’altro. Ti assicuro che ogni lavoro, ogni sforzo compiuto ti sarà estremamente utile in futuro.

Ultima domanda… progetti per viaggi futuri? Quali sono le mete che sogni da sempre e perché? Sei pronta anche a rifare un’esperienza del genere?

Per ora non ho niente in programma ma se mi dovesse capitare l’occasione mi piacerebbe rifare un’esperienza di lavoro, tramite Workaway, in un paese del nord Europa. Ho sempre sognato di visitare l’Islanda, la Danimarca e tutta la penisola scandinava. Insomma, tutti posti più che freddi che riservano spettacoli mozzafiato (come le aurore boreali, per dirne uno a caso) e che sono di grande interesse geologico. Prima o poi ci andrò, che sia per lavorare o per semplice svago.

 

Veronica e Margherita

 

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